Ed eccoci arrivati in Kazakhstan.
È venerdì 10 agosto e sono arrivato questa mattina dopo un lungo viaggio in treno.
Prima di parlarne è però doveroso un passo indietro. Ci siamo infatti lasciati a Bukhara, dopo una bella serata trascorsa con altri turisti.
Il giorno successivo un confortevole viaggio in treno di circa 3 ore e mezzo mi ha riportato a Tashkent, la capitale, dove ho giusto fatto un breve scalo, consistito in una bella cena e in una buona dormita.
Sono finalmente riuscito a mangiare il plov, in un posto peraltro così autentico che nessuno, e dico nessuno, parlava inglese. Per fortuna il menù prevedeva una sola scelta, così riducendo i problemi in merito alla conversazione. Il plov è il piatto uzbeko per eccellenza. Si tratta di un riso cotto in una enorme pentola condito con carne, verdure e ovviamente aromatizzato con spezie locali: il piatto è stato buonissimo.
Ho poi dormito in un piccolo ostello spartano per prepararmi al lungo viaggio del giorno successivo.
Verso l’ora di pranzo ero già alla stazione dei treni e alle 14:47 esatte il treno partiva verso il Kazakhstan.
In pratica il viaggio è quasi interamente in territorio kazako, poiché il confine tra i due paesi è collocato alla periferia di Tashkent, pochi km dunque dopo la partenza.
Le prime 4 ore di viaggio sono state quasi interamente dedicate ai controlli. All’uscita dall’Uzbekistan la parte più consistente: ho persino subito una specie di interrogatorio, oltre alle classiche perquisizioni dei bagagli, che è durato secondo me una mezz’ora buona.
Ad un certo punto non riuscivo più a comprendere se la motivazione di tali lungaggini risiedesse nella routine dei controlli o nel desiderio del militare di parlare un po’ dell’Italia con il sottoscritto.
Incredibile è stato sentire il militare domandare quanto l’Italia fosse da considerare uno stato pericoloso: non potevo crederci!
Parlando tuttavia ho compreso che ciò dipendeva da una conoscenza del mio paese fondata esclusivamente sulla visione di film sulla mafia o simili.
Superato questo primo scoglio toccava alla frontiera kazaka, più sbrigativa e rapida. Iniziava così la marcia vera e propria del convoglio.
Il treno è di ottima qualità, moderno ed accogliente: il personale, pur non parlando quasi nessuna parola di inglese, è stato sempre molto gentile e disponibile con me, credo unico europeo ospitato a bordo.
Nella prima parte del tragitto mi si è accostato un signore kazako, desideroso quanto di fare due chiacchiere, quanto di ubriacarsi.
Ne è così nata una sorta di conversazione, priva però dei requisiti fondamentali, ossia di un linguaggio comune.
È quindi brevemente degenerata in un’ingorda bevuta di vodka che ha lentamente trasformato il mio interlocutore in un folle. Dapprima cercava invano di fumare nei bagni del treno e successivamente, poiché continuava a bere in modo esagerato nonostante avesse con sé la propria piccola figlia, veniva anche ripreso dalla Polizia a bordo.
Capivo a quel punto che era venuta l’ora di ritornare nel mio scompartimento.
Dopo una dormita non certo da ricordare, alle 9:20 di questa mattina, con la consueta puntualità, arrivavo nella stazione di Almaty.
Oggi è l’11 di agosto, ormai mi accingo al cosiddetto giro di boa.
La giornata di ieri, iniziata con qualche ora di completo e necessario bivacco in camera, la ho dedicata al passeggio per le vie di Almaty.
Che dire: che sorpresa!! Almaty è decisamente la più occidentale delle città viste fin ora.
Assomiglia molto alle città della Russia, con grandi viali che ortogonalmente la attraversano e parchi che la puntellano, garantendo così la possibilità di una dovuta sosta all’ombra di tanto in tanto.
Eh si, la sosta all’ombra: anche ad Almaty le temperature sono piuttosto elevate, siamo sui 36-37 gradi. Anche qua secco e un po’ ventilato, ma decisamente caldo.
Il beffardo sito del meteo mi metteva in guardia rispetto all’arrivo di una perturbazione, quanto mai desiderata in queste circostanze, ma nulla, assolutamente nulla!
Ora, mentre scrivo, il cielo inizia un po’ a coprirsi; sembra che stanotte debba piovere, con conseguente ribasso delle temperature. Mah, staremo a vedere!!
Beh, torniamo ad Almaty. La città era una volta la capitale del Kazakhstan, ma recentemente l’istrionico presidente della nazione ha trasferito il centro amministrativo del paese ad Astana, un tempo un piccolo villaggio nel bel mezzo del nulla, e lo ha trasformato in una città enorme e modernissima.
Neanche a dirlo, ai cittadini di Almaty ciò non è affatto piaciuto.
È ben evidente come Almaty sia tutt’ora il centro culturale del paese.
Il centro cittadino è tutto un susseguirsi di bar, ristoranti e di viali alberati per il passeggio: è davvero un contesto molto piacevole e vivo.
Ieri, come mio solito, ho macinato chilometri, ho visto i principali edifici monumentali ed ho deciso di ricercare un po’ di fresco sulla famosa collina “verde”, il Kok Tobe.
Per raggiungerla si sale a bordo di una suggestiva cabinovia che offre alla vista un paesaggio stupendo che spazia dalla conca ove sorge la città fino alle imponenti vette dei monti del Kirghizistan.
La cima di questa collina è tuttavia molto deludente: è stato costruito una sorta di luna park della peggior specie. Ok, ci sono moltissimi bambini e famiglie felici, ma certo questo è il modo più mortificante per trasformare un potenziale parco.
In pieno stile sovietico, peraltro, la ciliegina sulla torta, in questa accozzaglia di giostre ed auto scontri, è un’enorme torre della televisione, alta ben oltre 300 metri che domina tutta la città. Davvero oscena!
Insomma, la gita alla collina mantiene un senso grazie al bel panorama e alla dolce brezza che consente di dimenticare per un attimo la calura delle strade del centro.
scritto da MATTEO DORELLO