Modena, Antonello Venditti
Non potevo che cominciare da Modena, in onore della città di chi mi ospita in Travelmood. Roma e le notti prima degli esami sono lontane da qua, in questa terra di mezzo fra Milano che corre ai cento all’ora e la promessa di felicità della riviera.
Alone in Kyoto, Air
Cioè in pratica io mi immagino che passeggio per Kyoto e con me c’è Scarlett Johansson, in sottofondo ci sono gli Air e la scena la riprende Sophia Coppola. Come dite? L’avete già vista? Ah. E non assomiglio nemmeno a Bill Murray. Magica (è pure la musichetta della mia sveglia).
One night in Bangkok, Murray Head
Noi qua in pianura padana a sognare le peccaminose notti di Bangkok, un secolo fa. Se per caso qualcuno ci fosse andato o – piu probabile – avesse conosciuto un cugino dello zio di un cognato della nuora del bidello che c’era effettivamente stato, avrebbe potuto raccontare balle clamorose sulle sexy notti di Bangkok. Noi avremmo creduto a tutto. E a Deejay Television impazzava questa canzone qua.
En el muelle de San Blas, Manà
Voi fate così: andate su Wikipedia, su Google Earth, dove vi pare, insomma cercate qualche immagine di San Blas. Quando le vedrete, la cosa successiva che vi accadrà sarà un forte desiderio di essere teletrasportati immediatamente là.
Allentown, Billy Joel
Allentown è in Pennsylvania. Credo. Ma forse no. Va beh. Non è così importante, dopotutto. Di Billy Joel avrei potuto scegliere, naturalmente, “New York state of mind”, ma la casellina della Grande Mela è gia occupata…questa, comunque, è una delle sue migliori.
An open letter to NYC, Beastie Boys
Oh lo so che di canzoni dedicate a NYC ce ne sono a dozzine. Ma volevate forse che vi mettessi per la milionesima volta Liza Minnelli?. No grazie. Questa è il pezzo moderno definitivo dedicato a NYC, a ciò che rappresenta, senza cadere negli stereotipi del melting pot. “Brooklyn Bronx Queens and Staten / from the Battery to the top of Manhattan / Asian Middle Eastern and Latin / Black, White / New York you make it happen!!”
Avalon, Roxy Music
Avalon non esiste, è una città (un’isola forse?) mitologica, stiamo parlando di Re Artù per intenderci. Ma la canzone dei Roxy Music esiste, eccome, ed è un classico senza tempo.
California, Lenny Kravitz
I wish they all could be California, girlllllllls cantavano i Beach Boys. Ma se vogliamo fare quelli che ne sanno, allora io scelgo Lenny Kravitz che piace anche alle mamme, ma soprattutto alle figlie. Bel riffone di chitarra, ti viene voglia di comprare immediatamente una decappottabile anche se abiti vicino a Piacenza.
People from Ibiza, Sandy Marton
La dance con tastierone molto prima degli Swedish House Mafia o di David Guetta o di Avicii. Tamarrissima, per i tempi, ma perfetta per cogliere l’essenza della gente di Ibiza; che è sempre la stessa, ovvero mare, sole, divertimento, musica. Da sempre Ibiza è cosi, e non cambierà mai. Per fortuna.
San Jose, Frankie Goes to Hollywood
Chissà a quale delle mille San Josè sparse per il mondo si riferiva Burt Bacharach quando scrisse questa meraviglia, irresistibile. Da ascoltare rigorosamente con un cocktail in mano, possibilmente vestiti bene, possibilmente in ottima compagnia.
Istanbul, Litfiba
Quando uscì questa canzone viaggiare era un lusso per pochi. Al massimo dell’esotismo, per un giovane, c’era l’Interrail. Istanbul era lontanissima, ci spaventava, avevamo visto Fuga di mezzanotte e ce la immaginavamo cupa, corrotta, pericolosa. Magari era (è?) vero, fatto sta che, dopo trent’anni, piaccia o no è la città più cool d’Europa.
Cuba, Gibson Brothers
Molto prima del Buena Vista Social Club. Mi ricordo che all’epoca mi sembrava veramente esotica, Cuba era lontana come la luna, i primi che ci andavano sembravano pionieri a metà tra l’integralismo politico e nuovi orizzonti sessuali, al grido di “quiero bailar la salsaaaa”.
In Zaire, Johnny Wakelin
L’inimitabile inno tribal-tamarro degli anni ’70, talmente sopra le righe da far apparire qualunque pezzo di Marracash una raffinatezza alla Von Karajan. See the rumble in the jungle!! A proposito, ora lo Zaire si chiama Congo.
Il duomo di notte, Alberto Fortis
Per farla molto breve, una delle canzone italiane più belle di sempre. Con il solito testo pressochè incomprensibile di Fortis; ma a me ha sempre dato questa immagine di una Milano nebbiosa, notturna, dark. La coda strumentale è da pelle d’oca.
Down in Brazil, Michael Franks
Ok ok ci sono mille canzoni brasiliane famosissime, meravigliose e rappresentative del popolo carioca. E lui è californiano, quindi che ne sa? Ne sa, ne sa…bellissima. “It takes a day to walk a mile…”
Maracaibo, Lu Colombo
Maracaibo è un luogo leggendario. Nessuno sa bene dove trovarlo sulla carta geografica, piu o meno nei Caraibi (è in Venezuela). Ma, soprattutto, è la madre di tutti i “trenini” del mondo durante le feste e serata in disco, dai quali cerco sempre di divincolarmi. Zà-zà!!
Vienna, Ultravox
Freddissima, elettronica, moderna ancora oggi. Mentre l’Italia stravedeva per Toto Cutugno e Luis Miguel, nasceva una generazione che cercava di stare sveglia al martedi sera per guardare Mister Fantasy, scoprendo nuovi gruppi british e i loro video. Se c’è una canzone perfetta per descrivere il concetto di “mitteleuropeo”, è questa.
I love America, Patrick Juvet
Aaaaaaaaaaailovamerika!! E ti ritrovi catapultato sulla pista dello Studio 54 a Nyc, a fine anni ’70. Se non ricordo male questo tizio era svizzero, e fu la terza cosa di maggior successo esportata dagli elvetici dopo l’Emmenthal e il segreto bancario.
Queen of Chinatown, Amanda Lear
Stesso filone di cui sopra, disco-trash che però poi tanto trash non era. Erano gli anni in cui i grandi problemi dell’umanità erano tipo “ma Amanda Lear è un uomo o una donna?”, quindi dopotutto direi che erano anni felici. Le Chinatowns ci sembravano così lontane…
Glastonbury Song, The Waterboys
Sempre in tema di Re Artù siamo, vedasi Avalon poco sopra. Molte leggende si intersecano in questo luogo, si parla pure del Sacro Graal, roba da farci un altro episodio del Codice da Vinci. Glastonbury è nota ai giovani per l’omonimo festival rock. I Waterboys erano bravissimi, ma alla lunga un po’ pesi.
Rio, Duran Duran
Rio a dire il vero è il nome di una donna, non della città (“Her name is Rio, and she dances on the sand…”), ma un po’ tutti pensavamo che si riferisse proprio ad essa (anche se il video fu girato ad Antigua); ai DD piaceva fare video in luoghi esotici, tipo Sri Lanka (Hungry like the wolf e Save a prayer).
La Tour de Pise, Jean Francois Coen
Sono pressochè certo di essere l’unico italiano a conoscere questa canzone, che ascoltai piu di 20 anni fa durante un mio lungo periodo a Parigi. “Tu n’est que une touriste, au pied de la tour de Londres, au bord de la Tamise, au pied de la tour de Pise”. E’ dolcissima ed avrebbe meritato un successo planetario. La rima “Tamise-Pise” i Club Dogo se la sognano.
Fairytale of New York, The Pogues
Ehm, si, lo so che poc’anzi ho eletto, come canzone regina dedicata alla Grande Mela, quella dei Beastie Boys, ma in realtà è questa la bella tra le belle. Ok, ormai è diventato un classico natalizio ma non importa, questa E’ la canzone. Scritta e cantata da due irlandesi, peraltro. Non so che altro aggiungere: indimenticabile.
Mi fermo qui? Ma si dai. Potrei andare avanti per ore. Da Sweet home Alabama in poi, l’elenco è infinito. Il giro del mondo in musica potrebbe non finire mai.
Ma, dopotutto, ecco il desiderio di tornare a casa, come si vede (e si ascolta) nel video di questa bella canzone, ovvero:
Take me home, Phil Collins
Puoi fare il giro del mondo mille volte, ma ad un certo punto vorrai tornare alle tue radici, a casa tua
Per poi ripartire, di nuovo, e ancora.
Bolly
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1 commento
bello